La parola di questa settimana è
TRISTEZZA
Come ti fa sentire questa parola? Siedi con lei un minuto e segui le istruzioni che trovi qui sotto, prima di proseguire con la lettura:
Cosa hai sentito nel corpo e nella mente?
“Tristezza” è una parola da cui facilmente scappiamo. Il corpo si chiude, il petto si fa pesante, lo sguardo basso.
La tristezza rientra fra le emozioni che ci hanno insegnato a chiamare NEGATIVE.
Emozioni da scacciare, da far passare il prima possibile, da sovrascrivere con qualcosa di divertente e leggero.
Se la tristezza abbassa gli angoli della bocca, lo sguardo, il tono dell’umore, la nostra società ci spinge a reagire in direzione opposta: fare un bel sorriso, trovare qualcosa che “ci tiri su”, riempire di attività o acquisti quel vuoto che la tristezza ci fa sentire.
La tristezza ci dà fastidio perché è un momento di stop e di introspezione, un momento di perdita e di addio che può risultare scomodo.
La tristezza ci chiede di fermarci, di prendere consapevolezza del fatto che a qualche livello ci sentiamo sconfitte e ci spinge a fare la revisione di ciò che è successo per arrivare a quella sconfitta, a quella perdita.
Per questo la respingiamo: perché a nessuna (e nessuno) piace accettare la sconfitta.
Così le chiediamo (con parole che io immagino simili a quelle della bellissima canzone di Ornella Vanoni) di lasciarci in pace e andarsene.
Quando sono diventata mamma, ho messo davvero a fuoco questo meccanismo
Hai presente come, quando un bimbo piange perché si è rotto un gioco o perché una persona cara va via, siamo sempre tutte/i lì intorno a dirgli: “Ma no, non piangere!!” e a cercare di distrarlo e farlo ridere?
Veniva spontaneo anche a me e ho dovuto lavorare tanto per non farlo, per non togliere a mio figlio la preziosa possibilità di imparare che è ok essere tristi, che la tristezza poi passa e che le lacrime sono un ottimo modo per farla uscire.
Io questa possibilità (come forse anche tu che mi leggi) non l’ho avuta da piccola e ho dovuto darmela da sola da adulta, con molta più fatica, attraverso un percorso psicoterapico di analisi bioenergetica, letture e riflessioni che sono arrivate partendo proprio dalla medicina cinese.
Cosa ci perdiamo se non seguiamo la tristezza fino in fondo
Secondo la medicina cinese, non esistono emozioni positive o negative: ogni emozione ha la sua utilità (quando è equilibrata, ossia non eccessivamente intensa e non troppo prolungata) perché innesca movimenti specifici del nostro Qi (“energia”) e sostiene l’equilibrio dei sistemi collegati.
La tristezza ad esempio è collegata al sistema del Polmone, che fa parte dell’elemento Metallo.
Non ho scelto questa parola adesso per caso: all’elemento Metallo è associato anche l’autunno, la stagione del raccogliere ciò che serve e lasciare andare ciò che è scaduto, ciò che ha finito il suo tempo.
Se la seguiamo fino in fondo, accettando la sua scomodità, la tristezza è proprio una scuola di lasciare andare. Ogni volta che la proviamo, la tristezza ci ricorda che la perdita è un anello di passaggio verso una rinascita.
Lo vediamo fare alle piante ogni anno: l’autunno è una tappa obbligata sul percorso verso la primavera.
Ogni volta che scacciamo la tristezza senza ascoltarla, perdiamo la preziosa opportunità di andare oltre, di lasciare andare un peso, di tornare a sentirci veramente più leggere - e non per finta, come facciamo quando infiliamo la tristezza sotto il tappeto e ci vestiamo di allegria forzata.
La tristezza è un’emozione importante per noi donne
Abbassa il Qi (“energia”) e gli permette di scendere all’interno, di indirizzarsi verso il basso.
Questa è una preparazione indispensabile, ad esempio, per il flusso mestruale: se non c’è discesa, non ci può essere mestruazione fluida.
La mestruazione non a caso è il momento del mese femminile in cui ci è possibile lasciare andare emozioni e vissuti “vecchi”, per passare oltre e iniziare un nuovo ciclo.
La tristezza risuona profondamente con la premenopausa, fase in cui iniziamo a salutare il nostro ciclo come l’abbiamo vissuto per decenni e ad aprirci all’idea della menopausa - ossia del fare pausa, in tanti sensi.
In premenopausa tocchiamo con mano la grossa differenza che c’è fra il considerare la tristezza come “negativa” e al viverla invece come “positiva”.
In menopausa la tristezza ci aiuta a ritrovare la capacità di lasciare andare senza l’aiuto delle mestruazioni.
L’accumulo di emozioni e vissuti non “eliminati” con la perdita di Sangue mestruale infatti è una grande fonte di tensione e nervosismo in questa fase della vita.
Qui sotto ti lascio tre contenuti che ho condiviso su Instagram questa settimana, per imparare ad allinearci all’autunno (e quindi anche alla tristezza) sia con il ciclo mestruale che in premenopausa che in menopausa.
Il compito della settimana
Sentiamo parlare spessissimo di diario della gratitudine o di scatole o barattoli dei pensieri felici.
Oggi ti propongo un compito totalmente diverso: approfitta delle sere d’autunno, che portano più facilmente verso l’introspezione, per creare un piccolo taccuino della tristezza.
Ogni sera di questa settimana, soffermati a pensare ai momenti di tristezza che hai avuto nella giornata e scegline uno da descrivere.
Lascia che attraverso il lavoro di mano e penna sul foglio la tristezza tracci un sentiero che tu possa seguire, per vedere dove ti porta e lasciare andare la piccola o grande sconfitta che l’ha suscitata.
E’ possibile che all’inizio non sia facile: siamo così abituate a voler eliminare subito la tristezza che a volte non la memorizziamo nemmeno.
La frase della settimana
”Sai… quando si è molto tristi si amano i tramonti…”
Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe
Scoprilo su Amazon
L'audio della settimana
Qui sotto trovi un breve audio di approfondimento sulla parola tristezza.
Ci vediamo fra due settimane, con una nuova parola da ascoltare insieme
Ti auguro che tu possa fare amicizia con i tuoi momenti di tristezza, per scoprire la leggerezza e la luce alla fine del percorso in cui ti condurranno…
Francesca Cassini
La medicina cinese al femminile
info@francescacassini.it